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Al centro è l’educazionetorna su

Rimettere al centro la questione dell’educazione è il tema che ha contraddistinto i diversi momenti dell’atto solenne dell’inaugurazione dell’anno accademico 2015-2016, svoltasi giovedì 29 ottobre 2015. Un punto prospettico strategico da cui partire per la ripresa culturale e valoriale della società, per la conversione e il rinnovamento delle prassi educative, e di ogni azione pastorale, per la realizzazione di quel nuovo umanesimo a cui la Facoltà, pontificia e salesiana, tende quale punto centrale della missione culturale e formativa.

Il primo accenno alla necessità di ripartire dall’educazione è venuto da Mons. Nunzio Galantino, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana che, nell’omelia della Celebrazione eucaristica che ha dato il via all’atto solenne dell’inaugurazione, ha sottolineato come «certe logiche mondane ed individualiste sono i sintomi preoccupanti di una deriva antropologicamente gravissima». È importante per sanarle che «chi ha incontrato Cristo, l’uomo nuovo, possa non vivere più per se stesso, ma per gli altri» perché questo mondo «ha bisogno di essere salvato e l’impegno di ricerca sull’uomo, il servizio alla vocazione integrale della persona, che caratterizzano questa Facoltà, sono elementi fondamentali e insostituibili».

 

La persona tra natura e cultura: differenze e relazioni

E la persona è stata al centro della prolusione accademica del Prof. Luigi Alici, Ordinario di Filosofia morale all’Università degli Studi di Macerata. La riflessione del filosofo, dal titolo La persona tra natura e cultura: differenze e relazioni, ha preso spunto da alcuni fatti di cronaca, per precisare come «la tradizione classica ha interpretato la polarità di natura e cultura nella forma di una circolarità creativa, in cui la cultura si qualifica come una forma di “coltivazione spirituale della natura”, grazie alla quale può prendere forma nell’essere umano una “seconda natura”». Da qui ha evidenziato come «la difficoltà di articolare correttamente il rapporto tra natura e cultura è il sintomo più vistoso della difficoltà di riconoscere la questione della differenza» e ancor prima «un tratto comune della società dei “post”» (postmoderno, postsecolare, postmetafisico, postmorale, postumano...) nella cui luce «possiamo leggere il sovrapporsi di biocentrismo, nichilismo e postumano, che caratterizza il nostro tempo».

Per il Prof. Alici, «tale eredità ingombrante oggi dilaga a tutto campo, destrutturando non solo differenze di ordine culturale, politico, religioso, ma anche il senso stesso della riflessione etica e antropologica, fondata sulla differenza tra vero e falso, buono e cattivo, giusto e ingiusto, maschile e femminile, natura e persona, essere e nulla, finito e infinito». È allora urgente «nei confronti di una deriva culturale che pone la libertà più grande “al di là del bene e del male”, recuperare l’idea di una vita morale con “il piede sull’acceleratore”» nel senso che «la morale è per il morale, aiuta a “star su di morale”, sviluppandosi nel segno del sì: “Tu puoi fare di più, puoi essere di più: più buono, più libero, più felice…”».

Il relatore ha concluso sostenendo che «anziché accontentarci di schematismi irrigiditi e ostili, che nascono dall’arroccamento, dalla paura, si tratta di intercettare il nomadismo inquieto di donne e uomini concreti, facendoci compagni di strada esigenti e misericordiosi, nell’ordine della riflessione critica e della testimonianza pratica, capaci di trasmettere per contagio un messaggio molto semplice: Non rinunciate all’infinito! Non rinunciate a scavare nella profondità inesauribile del vissuto». L’indicazione finale è racchiusa in un «doppio compito, culturale ed educativo»: il rispetto della vita, come dovere primario, e la promozione della persona, come valore ultimo, dove l’impegno è rivolto al miglioramento qualitativo delle condizioni di esercizio della libertà e alla edificazione del bene comune.

Ma è soprattutto l’epilogo della prolusione che rivela la profondità della riflessione del Prof. Alici. Rifacendosi a una espressione di Flaubert, «Più i telescopi sono perfetti, più le stelle sono numerose», egli ha augurato che «la comunità (accademica, ndr), con tutte le dinamiche istituzionali e umane che la caratterizzano, possa essere una “fabbrica di telescopi”. In un tempo in cui il cielo sembra privo di stelle farlo risplendere di stelle che prima nessuno vedeva è certamente un compito straordinario e benedetto».

 

Riprendersi la licenza di educare

Infine, dopo un intermezzo musicale a cura di Angelo Pasquini, al pianoforte, e Daniele Wlderk, alla chitarra, (entrambi studenti della Facoltà), e di Flavio Malatesta, al violencello, la Preside, Prof.ssa Pina Del Core, dopo aver salutato le autorità civili ed ecclesiali presenti in sala, ha ripercorso brevemente i punti della sua relazione sull’anno accademico 2014-2015. In particolare, si è soffermata sul fatto che «il cammino intorno all’educare che la Facoltà ha fatto in questi anni ha maturato la consapevolezza cheogni discorso educativo è complesso ed è anche politico». La complessità, ha spiegato, viene dal contesto socioculturale «perché si tratta di individuare risorse esistenti e da valorizzare, obiettivi ampi e propositivi come la cittadinanza attiva dei giovani, l’educazione e l’orientamento alle scelte, attraverso il coinvolgimento e l’impegno di professionisti di vari ambiti per la costruzione di nuove alleanze educative». La dimensione politica invece è importante perché «qualsiasi progetto educativo ha bisogno di convergenze, di sostegni anche economici, di consensi a diversi livelli, per le conseguenze che può avere a favore o contro i giovani». In tal senso «l’educazione è una chiave di volta nella complessità della società che può divenire strategia risolutiva dei grandi problemi che assillano l’umanità, ma nello stesso tempo è anche ‘pericolosa’, come tutto ciò che promuove la riflessione critica e quindi si pone contro i circuiti consueti che approdano a facili consensi». L’augurio allora è che l’educazione sia «spazio in cui si formano le persone alla libertà e alla responsabilità, ad una cittadinanza attiva, a un pensiero che non è lontano dall’azione ma che motiva e fonda le piccole o grandi scelte quotidiane e della vita, nel presente e per il futuro».

 

Quaranta anni di docenza, studio e ricerca

La mattinata si è conclusa con il saluto della Vice Gran Cancelliere della Facoltà e Superiora generale dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Madre Yvonne Reungoat, che ha esortato la Comunità accademica «ad allargare lo sguardo, la mente e il cuore, a formarsi convinzioni chiare e profonde per irradiarle attorno e raggiungere le periferie e chi si trova nelle periferie. A studiare con passione e a fare esperienza di vita fraterna e interculturale».

Infine, ultimo atto della mattinata la proclamazione a docente emerita della Prof.ssa Marcella Farina, Docente di Teologia fondamentale, Consultore della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica e delle Cause dei Santi. Nell’atto della proclamazione la Preside ha ringraziato la Prof.ssa Farina per i suoi 40 anni di appassionato servizio alla Facoltà, per i suoi studi e la sua ricerca in cui ha approfondito il dialogo tra teologia, scienze umane, scienze dell’educazione, per la sua attività a favore di una visione del femminismo cattolico dentro la Chiesa. Ma soprattutto, per la sua presenza quotidiana e sorridente tra gli studenti e le studentesse, per il suo sapiente accompagnamento nei tirocinio e nella guida delle tesi.

 

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